Il caffè espresso diventa virtuale in un gustoso viaggio nella sua storia

Il caffè espresso diventa virtuale in un gustoso viaggio nella sua storia

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Dalla Pavoni Ideale alla Pitagora, dalle macchine a vapore a quelle high tech, il Gruppo Cimbali propone un tour guidato al Mumac, il museo d'impresa che raccoglie 300 tra i gioielli di design necessari per produrre la bevanda simbolo del Made in Italy. Il mondo in una tazza di caffè. Lungo, ristretto, macchiato, i chicchi preziosi come l’oro, e nella polvere si cela persino il futuro. Il presente invece sta penalizzando i coffe lover le cui giornate sono normalmente scandite dal rito della tazzina di caffè bevuta al bar. Il Covid-19 li sta mettendo duramente alla prova, costringendo ad abbandonare la gioia del bancone per un take-away frettoloso. Come compensare? È il Gruppo Cimbali che viene in aiuto proponendo l’esperienza virtuale #portechiuseluciaccese #museichiusimuseiaperti. Un tour in programma dal primo gennaio sul canale facebook dei Mumac (https://www.facebook.com/mumacespresso), il museo d’impresa di quest’azienda milanese che dal 2012 racconta la storia delle macchine per il caffè espresso (di cui è leader mondiale) con questo luogo dedicato.

«Abbiamo 300 macchine di cui oltre 100 esposte, dalle origini ad oggi», dice Barbara Foglia, responsabile del museo. Ed elenca alcune meraviglie. «L'origine delle macchine per caffè espresso è da far risalire a due invenzioni nate sull'onda della modernità, a Torino e a Milano, tra fine Ottocento e inizio Novecento. La Angelo Moriondo e la Pavoni Ideale furono pensate per essere posizionate direttamente sul banco e per servire un caffè espresso, cioè fatto al momento e velocemente per il cliente. Dal design elegante, si integrano con lo stile Liberty del periodo. In un settore in pieno sviluppo, Cimbali si impose sul mercato negli anni Trenta con la Rapida, una macchina a sviluppo verticale e funzionante a vapore, dal design razionalista. Più vicini ai giorni nostri, mostriamo gioielli di puro design come la Cornuta firmata da Gio Ponti e la Pitagora dei fratelli Castiglioni, unica macchina ad aver vinto il Compasso d’Oro».

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